martedì 21 febbraio 2012

Recensione di "Lulù Delacroix"

Un po’ Peter Pan, un po’ Alice, un po’ Pinocchio, e come mai  mi viene da pensare a queste grandi fiabe leggendo Lulù Delacroix? Poiché anche questa lo è! Finalmente, anche in questo secolo, si è riusciti a trovare un romanzo da ricollegare ai grandi classici. Grazie Isabella Santacroce.
Dopo questa premessa sarà difficile mantenere alti i toni di questa recensione, ma ci proverò. Ebbene, partiamo da Lulù Delacroix, la protagonista di questo romanzo, nata a Perfect City, “una città davvero perfetta, non scorgevi neppure un piccolissimo pezzetto di carte per terra, non udivi alcun rumore molesto: pareva non ci vivesse nessuno, quasi fosse stata costruita per essere osservata a distanza… Il rigore mai era mancante, si ritrovava dovunque, anche nelle piante tutte rigorosamente di pesco, e alte esattamente tre metri e venti centimetri… Le donne non potevano tagliare i capelli più corti di diciassette centimetri… Solo ai bambini era permesso piangere, ridere o essere un po’ dispettosi…”, insomma, un posto dotato di regole ferree dove tutti dovevano essere felici e dove tutti tranne Lulù erano belli, specialmente le due sorelle maggiori, Ada e Dolores, stupende – capelli biondi con occhi verdi, come gli altri Perfectcityani – e, ovviamente, perfette. Lulù, invece, è nata calva, dalla pelle bianca di un pallore che neanche il colore del latte gli renderebbe giustizia; subito da tutti considerata un piccolo mostro, il sindaco di Perfect City nega alla famiglia Delacroix il permesso di farla uscire di casa, cosa che i genitori e le sorelle accettano ben volentieri: per loro è una vergogna e una punizione portarla in giro le poche volte che devono farlo.
Così Lulù cresce nella sua stanza, se stessa e le sue bambole, più una bambola malconcia, senza un braccio e un occhio – alla quale cuce un vestitino: era veramente ridotta male –, che trova per terra, sotto la bancarella di un mercato, quando, a cinque anni, le viene concesso di partecipare alla festa delle bambole in cui era obbligatoria la presenza di tutti i bambini. Dall’incontro Lulù riceverà speranza e sarà fondamentale per l’ampliamento del mondo immaginario che aveva già creato. Partiranno insieme, infatti, verso il Mondo del Mistero – cosmo nel quale la protagonista incontrerà la bambina di V.M. 18 (Fazi, 2007), perché questo romanzo fa parte di una trilogia; Lulù Delacroix è il paradiso, il precedente era l’inferno, il prossimo, mille pagine già annunciate, sarà il purgatorio. Comunque, non c’è bisogno di leggere il precedente o il successivo, ogni libro è una storia a sé.
Una caratteristica molto particolare di questa favola è che Lulù, vivendo in un mondo tutto suo, sviluppa anche un linguaggio proprio e personale. Ecco un breve esempio: “Ma dove abitassi te fosse vicino a quella nuvola dove andassi io?”. Non temete, questo è solo il modo d’espressione della protagonista, il resto del libro non è scritto in questa maniera, e si fa leggere senza intoppi linguistici. Quattrocentosettantasei pagine che macinerete in fretta tanta è la voglia di accompagnare Lulù in questo viaggio.
La Santacroce – che si rende anche partecipe in questo romanzo con tre piccole incursioni mostrandoci il suo quotidiano – ha scritto un libro che potrebbe far cambiare idea anche ai suoi più ferventi oppositori. Lei è una di quelle scrittrici che o la si ama o la si odia, ma molti dei pregiudizi della gente derivano dalla faccia che mostra al pubblico, dalle risposte che dà a chi la interroga… Sveglia, queste cose non contano, un giudizio lo si può dare solo sulla carta stampata.
Lulù Delacroix
AUTORE: Isabella Santacroce
EDITORE: RIZZOLI
COLLANA: 24/7
PAGINE: 476
PREZZO: Euro 18,00
ANNO DI PRIMA EDIZIONE: 2010

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