venerdì 24 febbraio 2012

Intervista a Eva Clesis


Eva Clesis, dopo l’ironico 101 motivi per cui le donne ragionano con il cervello e gli uomini con il pisello, torna alla stesura di un romanzo e lo fa con E intanto Vasco Rossi non sbaglia un disco, edito da Newton Compton. Romanzo che originariamente doveva chiamarsi Sulla cattiva strada, ma chiare scelte di mercato (il fatto che Vasco Rossi si ritiri alla fine di questo tour) hanno portato l’editore a cambiare il titolo in quello attuale. Almeno è ciò che viene da pensare. Comunque, con la speranza che un fan di Ligabue non si neghi questa lettura, abbiamo intervistato Eva Clesis.
Come è nato il tuo ultimo romanzo, E intanto Vasco Rossi non sbaglia un disco?
Il romanzo è nato due anni fa, avevo molta voglia di affrontare una storia con più personaggi, carichi di attese, e di incastrarli in un tempo di appena ventiquattro ore. L’idea iniziale era quella di parlare di piccole storie di emarginazione, storie parallele molto simili alla vita quotidiana, in cui chiunque poteva riconoscersi perché abbracciano più generazioni.
La scelta di adottare come sfondo, e infine parte del libro, una protesta studentesca è dovuta ai recenti eventi accaduti a Roma e nelle principali città italiane?
La scelta era funzionale alla storia. Gli studenti della piccola provincia che si spargono per la città e si mischiano alla fiumana di altri studenti, gli insegnanti preoccupati per la riforma scolastica, quella sì una parte fondamentale perché ha portato a un nuovo senso di precarietà sociale: da una parte il ruolo sempre più traballante degli insegnanti, dall’altra il problema della formazione culturale dei ragazzi.
I protagonisti, perlopiù adolescenti ma anche adulti già formati, sembrano tutti vivere in una fase di stallo che la parte del titolo e intanto descrive alla perfezione. Questa è questa la visione che hai riguardo la vita attuale?
La fase non la definirei di stallo, tieni conto che tutto si svolge in un giorno, e se consideri questo, succedono fin troppe cose: la sensazione che ho voluto trasmettere è quella di incertezza esistenziale e dell’imminenza di qualcosa, mi piace descrivere sempre l’attimo prima dei drammi o delle fortune, quel momento in cui tutto in potenza può accadere. Sicuramente uno sguardo disincantato e una visione precaria della vita, quella che ho attualmente, hanno contribuito a formare l’immagine delle vite dei personaggi come di piccoli universi, microcosmi di impressioni e volontà che girano senza una direzione precisa. D’altra parte a quindici anni è difficile avere le idee chiare.


Qual è il personaggio a cui ti senti più vicina?
Il personaggio più autobiografico è Manuel. Alcune cose che capitano a lui sono capitate a me, esattamente nel modo grottesco in cui le ho descritte. Quando ho iniziato a creare il personaggio mi sono detta che renderlo un ragazzo avrebbe senza dubbio complicato le cose, perché la componente sessuale avrebbe giocato un ruolo fondamentale in questo quindicenne con la testa piena di sogni ma la necessità costante di non essere ammazzato di botte da quelli più forti di lui! Il personaggio che invece alla fine del romanzo ho apprezzato di più è Filippo, il capobranco. Filippo è un ragazzo carico di odio ma che pure sembra avere un suo strano equilibrio ed è l’altra faccia di Manuel. Entrambi sono esposti alla violenza.
A chi consigli questo testo?
In realtà è un romanzo adatto a tutti, perché ogni lettore può trovare una parte di sé sia nel ritratto dell’adolescenza sia in certe dinamiche che accadono nel mondo degli adulti.
Le prossime presentazioni?
Giacché il romanzo è uscito a fine luglio, tutte le presentazioni, in varie città d’Italia, si terranno a partire da settembre.
Chi sono i tuoi autori preferiti e che libri hai sul comodino?
Ho pochi autori davvero preferiti, autori di cui ho letto quasi tutto, come Jim Thompson o Raymond Chandler. In genere sono piuttosto disordinata nelle letture e passo da un libro a un altro e da un autore a un altro, con un occhio di riguardo per i classici. Al momento sul comodino ho un libro di Immanuel Kant che mi dividerò con i libri di alcuni autori italiani che ho incontrato ai reading e che apprezzo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Mi piacerebbe laurearmi, in vita mia ho sempre lavorato e la laurea è una cosa che mi trascino da un po’ di tempo per via degli impegni ma anche delle precarietà professionali. Poi ho in cantiere un altro romanzo (ma li scrivo uno dopo l’altro per cui non è una notizia rilevante) e una collaborazione con una radio che probabilmente partirà da settembre.
Come ti vedi tra cinque anni?
Non ne ho la più pallida idea! Diciamo che non ho progetti a lungo termine, anzi, sono proprio spaventata dai progetti a lungo termine, dall’idea di programmare qualcosa. Sono pessimista per natura e perciò non ho mai visioni rosee. Prendo un po’ la vita come viene. L’unica cosa che mi verrebbe da dire è che tra cinque anni vorrei essere più realizzata.

I libri di Eva Clesis, comprali!

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